Anche se non crediamo di essere molto creativi, quasi tutti nella vita abbiamo sperimentato, una o più volte, quello che generalmente chiamiamo “colpo di genio”, cioè un’idea nuova, che all’improvviso sembra risolvere un problema o addirittura propone una prospettiva diversa, un punto di vista inatteso ed esaltante (lo si chiama anche “lampo di genio”), capace di creare una piacevole reazione fisica nel nostro corpo.
Questa sensazione la descrive bene J.K. Rowling quando per la prima volta pensò alla storia di Harry Potter. La scrittrice confessa: “Non avevo mai avuto un’idea che mi desse una risposta così fisica… una sensazione incredibilmente euforica che si prova quando si è appena incontrato qualcuno di cui potresti innamorarti”. Siamo, quindi, a livello di un vero e proprio “colpo di fulmine” all’interno del nostro cervello.
C’è del vero, perché nella nostra mente in queste situazioni di elevata creatività, scatta un corto circuito che non è possibile controllare, un’ebrezza che quasi ci dà una scossa, anche se spesso non dura molto perché il pensiero razionale, che incombe come un cerbero, è capace di farci tornare repentinamente con i piedi per terra.
E subito nascono i dubbi e le domande: quello che ho pensato è realizzabile, non sto forse sognando troppo, le altre persone cosa potranno pensare? Molte idee, forse, sono davvero improponibili, assurde. Il fatto però è che tendenzialmente tutti siamo portati a respingere un’idea nuova (soprattutto se è troppo lontana dalla realtà che viviamo e, per così dire, troppo creativa). Preferiamo una soluzione più sicura, anche se meno originale e innovativa.
Perché succede questo?
Sembra che in noi esista un pregiudizio implicito che cerca di mettere in dubbio, censurare (e qualche volta addirittura boicottare) le nostre nuove idee per far propendere la scelta verso altre idee più concrete, meno rischiose. Insomma, è il solito discorso: il nuovo fa sempre paura, anche se siamo noi stessi a crearlo!
Il fatto è che se nessuno si sforzasse di mantenere vive le proprie idee iniziali, originali, per quanto trasgressive possano sembrare, rischieremmo di perdere la prossima innovazione tecnologica o il prossimo capolavoro creativo. Per fortuna, ci sono persone che non cedono facilmente a questa deriva e lottano per realizzare le loro idee.
Come la stessa Rowling che pure aveva ricevuto numerosi rifiuti da parte delle case editrici alle quali aveva presentato il suo lavoro. Se si fosse arresa, se avesse dato retta alle sue interne inibizioni, oggi non avremmo la grandiosa saga del maghetto con il miliardario indotto economico che è stata in grado di creare in tutto il mondo.
Sei individualista o sociale?
Secondo una ricerca pubblicata su Organization Behavior and Human Decision Processes ogni persona coltiva delle idee nuove (per quanto astratte possano essere) e vi si riconosce, investendo anche su di esse, insieme alla propria identità, i propri sentimenti, che si traducono in emozioni molto simili, come abbiamo visto, a quelle che scatena l’amore (cioè affetto, fascinazione, eccitazione). Però non tutti sono pronti a difendere queste loro idee o lo fanno in modi diversi a seconda del loro rapporto con la società.
Secondo questa ricerca, infatti, esistono due tipi di persone: quelle più individualiste e quelle più sociali. Le prime che si definiscono indipendenti e autonome, si affezionano più facilmente alle loro idee nuove anche perché le aiutano ad affermare il proprio pensiero indipendente.
Le altre, più legate al rispetto di certi gruppi sociali, in cui si sentono inserite, sono meno propense a difendere idee che in qualche modo possono rappresentare una devianza rispetto alle norme esistenti o allo status quo e, quindi, indebolire il loro ruolo.
L’importanza fondamentale dell’ambiente in cui si opera
Attraverso alcuni hackathon tecnologici effettuati per approfondire questo fenomeno, è emerso che gli atteggiamenti individualistici o sociali che differenzierebbero il rapporto delle persone con le proprie idee più innovative, non sono pregiudiziali e/o legati a preconcetti, bensì dipendono prevalentemente dal modo in cui le persone si sentono in un determinato ambito o situazione.
In altri termini, se le persone credono di essere apprezzate per i valori personali che sanno esprimere e per le diversità e unicità che le caratterizzano, saranno più propense a sostenere con forza le loro idee nuove.
Se, invece, vengono considerate come elementi di una cultura, orientata al collettivo, più conservatrice e fondamentalmente misoneista, sceglieranno di perseguire idee socialmente accettabili, evitando quelle più rischiose e nuove.
Ancora una volta la differenza la fa il manager
Se abbiamo bisogno di idee nuove (e su questo punto siamo in molti a concordare) è necessario che siano i responsabili, leader e manager delle imprese, a incoraggiare i propri dipendenti a sfruttare le loro individualità e a riflettere su ciò che li distingue per contribuire a proporre nuove idee, senza paura di essere in qualche modo frenati, né da se stessi né dagli altri.
E questo clima non deve svilupparsi esclusivamente nelle aziende più dinamiche e legate al mercato ma anche a quelle che operano in un contesto meno conflittuale e più sociale. In tal modo, si andrà via via perdendo l’abitudine a svalutare le proprie idee nuove conformandosi a quelle più convenzionali o ortodosse.
La stessa cosa vale per le famose riunioni di brainstorming, durante le quali si dovrà respirare aria di creatività, in modo che le idee scaturite a ruota libera dal confronto creativo tra persone diverse possano essere valutate senza preventive censure e con la massima disponibilità e chi vi partecipa possa riflettere liberamente sui propri valori, sulle proprie esperienze e sulle novità che possono portare in dote.
A cura di Ugo Perugini